Profilo del paese della vita lavorativa per l'Italia
Questo profilo descrive le caratteristiche chiave della vita lavorativa in Italia. L'obiettivo è quello di fornire informazioni di base pertinenti sulle strutture, le istituzioni, gli attori e le normative pertinenti in materia di vita lavorativa.
Ciò include indicatori, dati e sistemi normativi sui seguenti aspetti: attori e istituzioni, rapporti di lavoro collettivi e individuali, salute e benessere, retribuzione, orario di lavoro, competenze e formazione, uguaglianza e non discriminazione sul lavoro. I profili vengono aggiornati sistematicamente ogni due anni.
La nota di aggiornamento 2022 alDocumento di Economia e Finanza(Ministero dell'Economia e delle Finanze, 2022), approvata dal Consiglio dei Ministri il 28 settembre 2022, si limita ad un'analisi delle tendenze e delle previsioni attuali dell'economia e della finanza pubblica italiana secondo la normativa vigente. Dopo sei trimestri di crescita superiore alle attese, che nel secondo trimestre del 2022 hanno portato il prodotto interno lordo (PIL) al di sopra della media del 2019 (l'anno prima della pandemia di COVID-19), le prospettive economiche a settembre 2022 apparivano meno favorevoli. L'economia globale e l'economia europea sono in netto rallentamento. I segnali di una possibile inversione del ciclo economico espansivo sono attribuibili all'aumento dei prezzi dell'energia, all'improvviso aumento dei tassi di interesse in risposta all'aumento dell'inflazione e alla situazione geopolitica. Nel 2022 l'impennata dei prezzi ha fatto crescere il costo delle importazioni di energia in Italia in misura senza precedenti, spingendo la bilancia commerciale in deficit dopo quasi 10 anni di avanzi ininterrotti. Allo stesso tempo, l'aumento dell'inflazione ha contribuito a un aumento del gettito fiscale molto più elevato del previsto; Le entrate supplementari generate sono state utilizzate dal governo per mitigare l'impatto degli aumenti dei prezzi dell'energia su famiglie e imprese. Le misure adottate dal Governo nel 2022 hanno sostenuto l'economia del Paese. Alla fine del 2022, il PIL pro capite era aumentato del 3,7%, rispetto al 7% del 2021, secondo il Fondo monetario internazionale. A seguito dell'andamento positivo delle entrate e della moderazione della spesa pubblica, il disavanzo pubblico in percentuale del PIL è sceso dal 9 % nel 2021 al 7,9 % nel 2022.
Le fonti del diritto del lavoro italiano possono essere suddivise in due gruppi: fonti legislative (europee, nazionali e regionali) e contratti collettivi nazionali di lavoro (CCLN). La giurisprudenza e le istruzioni dell'Ispettorato nazionale del lavoro possono avere un impatto significativo sulla gestione dei rapporti di lavoro.
I rapporti tra datori di lavoro e lavoratori sono regolati principalmente dalle leggi, dai CCNL e dai CCNL, lasciando che le questioni specifiche siano risolte dai singoli contratti di lavoro.
Le fonti giuridiche più significative in materia di lavoro e relazioni industriali sono le seguenti:
la Costituzione italiana (articoli 1, 3, 4, 35-41, 45, 46 e 99)
lo Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/1970), i cui sei titoli trattano i seguenti temi: libertà e dignità dei lavoratori, libertà sindacale, attività sindacale, disposizioni varie e generali, norme di collocamento, disposizioni definitive e penali
accordi quadro sui contratti collettivi di lavoro e sui sistemi di relazioni industriali del 1993, 2009, 2011, 2013, 2014 e 2018 (protocolli e testi consolidati)
norme in materia di licenziamenti individuali (articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, legge n. 604/1966, 92/2012, 23/2015)
norme in materia di licenziamenti collettivi (legge n. 223/1991, 92/2012, 23/2015)
il Jobs Act (una riforma del diritto del lavoro attuata attraverso l'emanazione di diverse misure legislative tra il 2014 e il 2016: leggi n. 22/2015, 23/2015, 80/2015, 81/2015, 148/2015, 149/2015, 150/2015, 151/2015, 185/2016), che disciplina i licenziamenti individuali e collettivi, le modalità di lavoro flessibili, gli ammortizzatori sociali, ecc.
regolamentazione dell'orario di lavoro (legge n. 66/2003)
il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Legge n. 81/2008)
Legge n. 104/2022, che attua la direttiva (UE) 2019/1152 e introduce nuovi obblighi per i datori di lavoro in merito alle informazioni da fornire ai dipendenti nei contratti di lavoro
Legge n. 215/2003 e n. 216/2003, che introduce misure volte a prevenire la discriminazione basata sul sesso, la razza, l'origine etnica e la discriminazione in materia di occupazione e condizioni di lavoro
Il sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva in Italia non è regolato dal legislatore. Le normative in materia sindacale e di rappresentanza e rappresentatività dei datori di lavoro sono quasi inesistenti in Italia. L'ordinamentointersindacaleconsente di esaminare l'effetto dell'applicazione della normativa sulle relazioni industriali sulla dinamica del sistema italiano delle relazioni industriali. Le norme del sistema intersindacale sono contenute in accordi interconfederali, accordi quadro, protocolli, regolamenti, ecc. Questi possono essere firmati bilateralmente, da confederazioni di lavoratori e confederazioni di datori di lavoro, o trilateralmente, se il governo partecipa. Si segnala il Testo Unico sulla Rappresentanza Sindacale (TU 2014), scaturito da un accordo del 10 gennaio 2014 tra la Confederazione Generale dell'Industria Italiana (Confindustria) e la Confederazione Generale del Lavoro (CGIL), la Confederazione Italiana dei Sindacati Lavoratori (CGIL), la Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori, CISL) e l'Unione Italiana del Lavoro (UIL).
Il sistema italiano di relazioni industriali e contrattazione collettiva è tradizionalmente regolato dalle CCNL. Questo sistema si basa su equilibri di potere tra le principali organizzazioni sindacali (CGIL, CISL e UIL), ovvero le organizzazioni sindacali confederali che rappresentano i lavoratori di tutti i settori economici in Italia e guidano i processi di contrattazione collettiva intersettoriale. Al momento della creazione, dello sviluppo e dell'istituzione nazionale dei tre sindacati, essi erano allineati con le tre forze politiche e tradizioni ideologiche dominanti in Italia (cioè le tradizioni marxista/socialista, cristiana e repubblicana). Nel corso del tempo, e a causa della crisi dei partiti di massa e di una forte ideologia politica, i tre sindacati confederali hanno permesso la coesistenza di ideologie diverse al loro interno, anche se in parte permangono le loro identità originarie.
La necessità di formalizzare le regole delle relazioni industriali in Italia è emersa per due motivi: da un lato, per l'emergere di sindacati autonomi e di gruppi militanti che hanno minato la posizione egemonica delle tre confederazioni, e, dall'altro, per il venir meno di importanti conflitti ideologici tra le confederazioni. Il sistema italiano delle relazioni industriali ha iniziato a produrre le proprie regole, che sono stabilite in accordi interconfederali, accordi quadro, protocolli, e così via.
Il quadro delle relazioni industriali italiane ha subito numerosi cambiamenti negli ultimi anni, al fine di accrescere l'importanza della contrattazione decentrata e di realizzare un legame più stretto tra retribuzione e produttività.
Nel 2018 Confindustria, la principale confederazione datoriale, e CGIL, CISL e UIL hanno raggiunto un accordo intersettoriale sul sistema di contrattazione (Patto della Fabbrica del 9 marzo 2018). L'accordo intende accompagnare la trasformazione e la digitalizzazione della produzione e dei servizi, con particolare attenzione all'efficacia e alla partecipazione. L'accordo introduce una serie di linee guida sul contenuto e gli istituti delle relazioni industriali e su alcune questioni di reciproco interesse su cui dovrebbero essere negoziati futuri accordi. In particolare, riguarda la certificazione della rappresentatività e sottolinea la necessità di estendere l'accordo alle organizzazioni dei datori di lavoro. L'accordo conferma inoltre la struttura a due livelli del sistema contrattuale, con le CCNL come pilastro principale e le DCBA come strumenti a supporto di specifiche pratiche ed esigenze a livello aziendale, e individua una serie di temi che saranno oggetto di future negoziazioni, come il welfare contrattuale; formazione e sviluppo delle competenze; la salute e la sicurezza come area prioritaria per lo sviluppo di relazioni industriali partecipative; politiche attive del mercato del lavoro per garantire un mercato del lavoro più inclusivo e dinamico; e le pratiche partecipative, in particolare i modelli innovativi di organizzazione del lavoro, che dovrebbero essere promossi dai DCBA. Nel dicembre 2018 è stato raggiunto un accordo attuativo, in materia di salute e sicurezza.
Da segnalare la novità del codice alfanumerico univoco che il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) assegna a ciascun CCNL. L'articolo 16-quater del decreto-legge n. 76/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 120/2020, prevedeva che i dati relativi al CCNL applicato al lavoratore dipendente dovessero essere indicati dal datore di lavoro nelle comunicazioni obbligatorie al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e nelle relazioni mensili all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), mediante il codice alfanumerico univoco attribuito dal CNEL al momento dell'inserimento dell'appalto negli archivi del CNEL. La circolare INPS n. 170 del 12 novembre 2021 ha fornito informazioni sul passaggio dei dati attraverso il flusso Uniemens, agevolato dal codice alfanumerico univoco attribuito dal CNEL. A partire dalla dichiarazione dei datori di lavoro del febbraio 2022, i dati sono trasmessi esclusivamente attraverso il codice CNEL. Fa eccezione i contratti collettivi per i settori agricolo e del lavoro domestico, per i quali la comunicazione dei datori di lavoro con l'INPS avviene anche attraverso altri flussi informativi e per i quali la fonte informativa Uniemens è quindi parziale. Ciò consente di ottenere dati molto precisi sull'applicazione delle CCNL a fini fiscali.
La pandemia di COVID-19 ha reso più difficile la contrattazione collettiva, soprattutto a causa del suo impatto economico e dell'incertezza sulla ripresa. Tuttavia, i negoziati per il rinnovo degli accordi settoriali sono proseguiti e sono stati raggiunti accordi. In alcuni casi, sono stati programmati aumenti salariali per tutta la durata degli accordi, per tenere conto del periodo di recupero previsto.
Da marzo 2020 il confronto tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero della Salute, il Ministero dello Sviluppo Economico, l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) e le parti sociali ha portato a un protocollo condiviso sulle misure di contrasto e contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, che è stato più volte modificato e attuato. Il protocollo e i suoi successivi aggiornamenti, sviluppando i principi enunciati dalla legge n. 81/2008 (Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro), costituiscono il quadro di riferimento per l'istituzione dei protocolli di salute e sicurezza a livello aziendale.
È stata introdotta la vaccinazione obbligatoria contro il COVID-19 per i lavoratori. Nel 2021 l'accesso ai locali aziendali è diventato subordinato al possesso di un "green pass", ovvero di un certificato di vaccinazione o di guarigione dal COVID-19. All'inizio del 2022 tutti i lavoratori pubblici e privati di età pari o superiore a 50 anni necessitavano del "green pass" rafforzato – cioè comprovante il completamento del ciclo vaccinale da parte del titolare – per poter accedere al proprio luogo di lavoro. Lo stesso obbligo generale, senza il limite di età di 50 anni, riguardava anche alcune categorie di lavoratori considerati "a rischio" di contagio da COVID-19, ossia i lavoratori del settore sanitario pubblico e privato (medici, infermieri e altro personale); lavoratori delle Residenze Sanitarie Assistenziali (strutture residenziali socio-sanitarie per anziani non autosufficienti e persone con disabilità); operatori scolastici (nelle scuole private e pubbliche di ogni ordine e grado, nelle università e negli enti di formazione); e i lavoratori del settore della difesa, della sicurezza e del soccorso pubblico. È stata comminata una sanzione pecuniaria per i lavoratori che non hanno rispettato i requisiti di vaccinazione. Inoltre, i lavoratori inadempienti sono stati considerati assenti ingiustamente, ma senza conseguenze disciplinari, con diritto di mantenere il posto di lavoro fino alla presentazione del "green pass". I datori di lavoro non erano tenuti a pagare i dipendenti per i giorni di assenza ingiustificata. Fino al 15 giugno 2022 i datori di lavoro potrebbero, dopo cinque giorni di assenza ingiustificata per mancato rispetto della vaccinazione obbligatoria, sospendere dal servizio i lavoratori per la durata del contratto di lavoro concluso per la loro sostituzione, per un periodo non superiore a 10 giorni lavorativi e rinnovabile fino al 15 giugno 2022. Il 15 giugno 2022 è stato abolito l'obbligo di vaccinazione per l'accesso al luogo di lavoro per la quasi totalità delle categorie di lavoratori sopra indicate, ad eccezione degli operatori sanitari e degli addetti alle Residenze Sanitarie Assistenziali, per i quali l'obbligo è scaduto il 1° novembre 2022.
La pandemia di COVID-19 ha accelerato l'adozione del lavoro a distanza in Italia. L'utilizzo di questa modalità di somministrazione del lavoro è aumentato durante la pandemia e sembra essere un modello emergente che caratterizzerà il futuro del lavoro in Italia. Il 7 dicembre 2021, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è stato raggiunto un accordo con le parti sociali sul primo protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato. Il protocollo reca la definizione di lavoro da remoto e le linee guida per la contrattazione collettiva a livello nazionale, aziendale e territoriale, nel rispetto della disciplina di cui alla legge n. 81/2017 e dei contratti collettivi vigenti. La contrattazione collettiva viene condotta per determinare quali misure devono essere attuate in settori specifici.